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Arjola Dedaj incanta alle Paralimpiadi, una farfalla sugli occhi per volare a Parigi
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da La Stampa
di Roberto Pavanello - (1 settembre 2024)
L’atleta azzurra, quarta nel lungo T11, sfiora il podio ma conquista tutti per stile e grazia
Arjola Dedaj è nata a Tirana nel 1982, vive a Milano da quando ha 17 anni
Una mascherina azzurra sugli occhi a forma di farfalla per spiccare il volo sulla pista dello Stade de France. In questo modo l’atleta azzurra Arjola Dedaj ha deciso di presentarsi in gara alle Paralimpiadi di Parigi per la finale del salto in lungo T11. Quarto il posto ottenuto, con un podio sfiorato, ma d’oro è stata la scelta estetica che ha conquistato tutti. Anche sui social dove, a corredo delle sue immagini, è arrivato un profluvio di complimenti e di parole di sincera stima. Pure con un pizzico di ironia: «E io che inciampo nei miei stessi piedi», ha scritto una utente di Facebook, mentre un’altra ha chiosato: «Il ruggito delle farfalle».
Quella mascherina, che con lei ha spiegato le ali sotto la pioggia nel primo giorno dell’atletica, l’ha portata a centrare la sua migliore prestazione alle Paralimpiadi e il nuovo record italiano che già le apparteneva: «L’atmosfera dello stadio e la presenza del mio bimbo (Leonardo, 6 anni ndr) ha reso questo momento incredibile», ha detto ai microfoni di Rai Sport.
(ansa)
Nata a Tirana, in Albania, il 26 novembre 1982, è arrivata in Italia quando aveva 17 anni su un gommone con suo padre e suo fratello per raggiungere la mamma, oggi vive a Milano. A toglierle la vista è stata una retinite pigmentosa, che però non l’ha sconfitta, anzi: «Ho un buon rapporto con me stessa e con la disabilità, l'ho accettata», dice oggi. La passione per lo sport è arrivata quando aveva una ventina d’anni: «Quando ho capito che potevo realmente farlo- ha raccontato –. Prima la danza, poi il baseball per ciechi, poi nel 2012 è arrivata l'atletica».
Questa è la sua seconda Paralimpiade alla quale però non c’è il suo compagno, Emanuele Di Marino, sprinter salernitano della categoria T44 di 35 anni. Ed è a lui che è andato il pensiero di Arjola dopo il quarto posto: «Purtroppo oggi lui non è qui a festeggiare la presenza della categoria paralimpica che è a Parigi proprio grazie a lui. Gli mando un abbraccio di conforto e spero che posso rivincere e riscattarsi come me».
Roberto Pavanello
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