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Gita sul Ticino
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Angela si concede al fotografo, ma per farlo deve pedalare sin dal primo mattino...
2 maggio.
la sveglia suona alle sei. accidenti se è presto. chissà come è il tempo? non vedo se c'è il sole, ma se apro la finestra scopro di sicuro qualcosa. e l'aria mordicchia abbastanza. però mà conferma che il cielo è sgombro. allora stavolta ce la facciamo!
stefano scampanella con energia. forse tutti i fotografi scampanellano così? quando scendo trovo già anche carlo, bello arzillo. si vede che guide di tandem e fotografi hanno tutti il metabolismo veloce e la mattina all'alba sono già attivi e vispi. gli atleti invece no, ehm... sedetevi pure davanti, che io vedo di farmi un pisolo fino a somma lombardo. tanto non devo guardare il panorama e neppure guidare... ronf ronf.
speriamo che il tempo regga e io pure. i piloti chiacchierano di giri in bici per fare conoscenza, mentre il sole comincia a scaldarmi dal finestrino. meno male! ancora fuori dal traffico del mattino, per forza! mi avete fatto alzare all'alba, mannaggia! si arriva anche in fretta. trovare somma è stato facile, il difficile è trovare gli uffici della società che gestisce il parco per avere una mappa. trovato anche il parco. che bravi! io però faccio fatica a entrare nell'atmosfera della cosa, spero che il sonno prima o poi se ne vada. carlo comincia ora a descrivermi il posto dove ci troviamo. la ghiaia del piazzale di sgombero me la sento anch'io sotto i piedi, e sento anche gli aerei che sfrecciano sopra la nostra testa, in effetti l'aereoporto è vicino. e guasta un po' l'atmosfera. il grande fotografo stefano fa anche da meccanico e monta le bici. d'altra parte, che l'abbiamo portato a fare se no? in attesa io e carlo girelliamo in cerca di un caffè, e riusciamo ad evitare di farci stirare da un tir che fa manovra. stefano potrebbe fare lo stesso uno scoop, ma lo scopo non era di fotografare un incidente... finalmente si parte.
ho idea che carlo stia prendendo le misure a questo bel carro armato. certo che è diverso dalla bici da corsa. le ruote grosse restano appiccicate al ghiaietto senza scomporsi di un millimetro, e con gli ammortizzatori così molleggiati mi viene voglia di invitarlo a un fuoristrada, tanto per divertirsi un po' di più. ma lo vedo ancora un po' guardingo, il problema sarà quando ci avrà preso la mano! sulle strade della brianza ormai lui e io siamo una coppia imbattibile, anche se lui pensa ancora che io non mi accorga dei rossi che prende... d'altra parte io so di non essere molto in forma, il freddo ancora mi fa accaponare la pelle delle braccia e delle gambe scoperte, dopotutto per il sole sono appena le nove. magari sarebbe stato a nanna volentieri anche lui... . ma si cominciano a sentire gli uccellini e l'aria ha già un altro sapore. la strada scricchiola sotto le grosse ruote e passiamo attraverso il profumo di un glicine come un muro inebriante. stefano comincia gli agguati. fermi all'inizio di un tratto sotto gli alberi, aspettiamo che si arrampichi su un muro con tutto il suo armamentario. se sentiamo un crash ci dobbiamo preoccupare? il fiume scorre alle nostre spalle, dietro gli alberi verdini di primavera, sfondo luccicante di sole. l'effetto deve essere magnifico. il sole sonnacchioso, ancora basso che comincia a scaldare noi e la terra con profumi di erba e di acqua. cartelli indicano sentieri, almeno così mi dicono... che cerchiamo di seguire senza una meta precisa. col passare del tempo il parco si popola di bici. di che tipo? chiedo. qualche bici da strada, la maggior parte mountain byke, sfrecciano accanto a noi. un gruppo di svizzeri fermi a bordo strada, attrezzatissimi, ci raccontano che vanno verso pavia. bagagli e carrellini ci dicono che è un giro di qualche giorno. beati loro. si fa presto a fare amicizia, nel popolo dei ciclisti, loro smozzicando italiano, stefano sfoggiando inglese. intanto continuano le foto sui ponti, lungo gli argini. il fiume grande si divide nel rumoroso canale villoresi, ingabbiato in sponde di cemento. mi sembra così triste, costretto e incanalato. eppure è la sua la voce che si sente, dove spumeggiano le cascate fuori dalla diga, dove è separato dal braccio originale del ticino. viaggiano per un po' affiancati, separati dallo sbarramento di cemento. carlo dice che si potrebbe scendere anche con la bici, su quello sbarramento. avremmo davanti la quiete del corso naturale, e dietro la schiena le acque turbinose che l'uomo ha indirizzato. non scendiamo. continuiamo a spingere sui pedali, rispondo alla pedalata di carlo se accelera o diminuisce di ritmo, l'aria sul viso aumenta e rinfresca, o cala e si fa profumata di caldo. tanto i moscerini se li mangia lui, che sta davanti! il fiume grande è quasi silenzioso, dobbiamo tacere, e devono tacere perfino gli uccelli, perchè si senta il frusciare lento dell'acqua che va. intanto carlo ha preso dimestichezza con il mezzo e va più sicuro. stefano ci precede, ci raggiunge, continua gli appostamenti in angoli suggestivi che non si fa certo fatica a trovare. carlo descrive campi di ranuncoli che sfrecciano via accanto a noi. non sarebbe bello fermarsi e farci un tuffo? io non so nuotare, quindi il fiume mi attira poco, ma nel giallo dei fiori... il frresco colore lucido che ricordo ancora così bene... oro e pervinca di qualche altro fiorellino non meglio identificato. spettiniamo con i caschetti qualche fronda bassa, non preoccuparti, mi dicono, sono solo foglie... già, fidati! sorrido perfidamente, certo che mi fido, intanto però il caschetto serve anche a questo... . e la strada continua a crocchiare sotto le ruote. seguo il sole dal caldo sul viso, ma cercare di capire dove vanno questi due pazzi è impossibile. aerei sfrecciano sopra le nostre teste disturbando un'atmosfera ovattata e quasi addormentata.
un argine lungo di ciottoli di fiume. a stefano piace il contrasto del bianco dei sassi contro il verde azzurro dell'acqua e gli alberi oltre il fiume. a me piace poco il rumore della draga che sull'altra riva scava per irrobustire l'argine. gioco al piattello sull'acqua calma immaginando i salti dei sassi piatti e i cerchi che si allargano. carlo alle mie spalle regge la bici e procura i piattelli. se solo non ci fosse il rumore della draga... un fiume dovrebbe essere fatto di aironi, ronzio di insetti, frusciare di acqua sulle rive. minaccio stefano di spruzzarlo lanciando un grosso sasso limaccioso verso di lui, seguendo la sua voce che arriva da dentro l'acqua. non so se è più buffo lui, lì in mezzo con i piedi a mollo e una macchina fotografica in mano, o io qui seduta sui sassi vestita da marziano ciclista a lanciare sassi nell'acqua. ma io mi sto divertendo. lasciamo l'argine coi piedi che affondano nei grossi ciottoli bianchi. altre bici sfrecciano lungo le strade. tre quarti d'ora di pranzo in uno dei locali che fiancheggiano la strada. profumi di mille fioriture e gracchiare di rapaci, carlo aveva adocchiato anche un falco. con lo stomaco pieno si ragiona meglio, ma la giornata comincia a essere lunga. sull'ultimo pezzo della strada ritroviamo il fragore della cascata della centrale elettrica.
sotto gli alberi la differenza del fresco fa rabbrividire. le borracce ormai vuote, e la sensazione di essere diventati un pezzo della bici, ora che abbiamo fatto amicizia anche con questo genere di mezzo.
si scende di sella con le giunture un po' anchilosate. gli ultimi cric croc delle scarpe sul ghiaietto, mentre a braccetto di carlo si va in riva a salutare il fiume e le paperette che aspettano cibo dai primi bagnanti. ciao ticino, anche un ultimo aereo sopra le nostre teste. arriva o parte? noi ce ne andiamo, adesso, e in macchina la stanchezza stavolta mi lascia dormire.
Angela Bellarte
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