Quarto torneo internazionale di showdown - Milano
28 Aprile - 1 Maggio 2011
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Tutto è già stato raccontato; incendi, pallinate, sole, cerimonie in sala Barozzi perchè siamo tanti, davvero tantissimi quest'anno; le classifiche già ampliamente rese note; i giocatori che sono arrivati, hanno riempito i corridoi dell'Istituto Ciechi di Milano di parole in tante lingue diverse, di risa che non hanno bisogno di lingue diverse, di grande gioco e di grande professionalità, sono ormai tornati alle loro nazioni e alle loro case.
Lo staff della mensa e il personale del bar, che sono diventati matti a stare dietro a una mandria di atleti affamati, possono finalmente tirare un sospiro di sollievo;
cosa si può dire di più?
In effetti quello che rimane, per chi non c'era, sono le classifiche, le relazioni sui momenti ufficiali e i nomi delle personalità che hanno dato ancora più lustro con la loro presenza alla manifestazione; per chi c'era, invece, tutto questo non basta:
per chi c'era, per chi ha respirato per tre giorni frammenti di una vita speciale in uno scenario speciale, ci sono così tante altre cose da dire, tante cose da ricordare:
c'è la sorpresa di una formula che all'inizio ha un attimo sconcertato, separando le partite di uomini e donne in fasce orarie distinte... Bè, almeno se uno sa che ha la mattina libera può andare a fare shopping! Ebbene no, ci siamo accorti subito di quanto fosse furbo e produttivo, invece di frammentare lo sforzo e la concentrazione nell'arco di tutta la giornata, poter concentrare le proprie energie mentali e fisiche nell'arco di poche ore disputando partite una dietro l'altra in un continuo carosello di gioco;
resta alta la concentrazione, resta alta la tensione, e al bar hanno finito il gin seng perchè in effetti le energie vanno reintegrate un po' spesso e le partite sono tante, si gioca davvero tantissimo: questo in effetti è lo spirito e lo scopo della faccenda!.
C'è il ricordo di abbracci sudati e entusiasti con avversari battuti o vincenti, ugualmente festeggiati.
C'è l'istante prezioso in terrazza per prendere un po' di fresco con le rondini che ti incantano con il loro stridio,
qualche attimo, tra chiacchiere e sigarette, prima di una nuova partita da giocare o da seguire.
In tre giorni, c'è un mondo di sensazioni: quando ti ritrovi alle dieci di sera ad affrontare l'ultimo match della giornata e non ne hai più, e invece giochi una delle migliori partite della tua vita; quando ti accorgi che, dopo anni che giochi, finalmente riesci a capire da dove sta arrivando quella dannata palla avversaria... Meglio tardi che mai; quando riabbracci gli amici che ti hanno dato un'ottima scusa per rinfrescare qualche parola di inglese per raccontarti e ascoltare di loro; quando continui ancora a tremare per la partita di un amico e ad applaudire per i punti di un avversario; quando ti svegli al mattino e le dita e il braccio ti fanno male, come ti avevano detto i tuoi amici che sarebbe successo quando avessi cominciato a giocare davvero con tutta l'anima.
Quando conosci persone nuove così belle e sorprendenti, come Giovanni Cellucci che da settimane si adopera per approntare tutta la parte web che fornirà info in tempo reale, e poi deve combattere anche contro un attacco di calcoli e contro gli incendi di Aruba...
E ti accorgi che niente lo può fermare, neanche le battute del Coccolino!
Quando riabbracci Eugenio, Attilio, quando Simone passa trafelato e ti saluta, quando a bordo tavolo hai il tuo coach e ti accorgi della delusione nei suoi occhi perchè non hai potuto vincere una partita e cerchi di fargli capire che la prossima volta farai meglio.
Quando, a trenta o quaranta anni, entri in un mondo come quello dello showdown, con ancora voglia di imparare e di metterti in gioco, e questo ti fa ringiovanire di dieci anni.
Quando, durante la cerimonia di chiusura, Domenico ringrazia tutti, l'immancabile Gerard, i collaboratori, i giocatori, ma, alla fine, la voce più commossa è per ringraziare Alessandra con un abbraccio, tutti i brividi di questi giorni si concentrano ed esplodono per loro che sono i nostri amici e ci regalano ogni anno giorni indimenticabili.
D'altra parte mica lo faremmo per chiunque di alzarci alle 6 e mezza di mattina per andare a vedere una partita!
Potremmo fare qualche domanda a Domenico: una intervista per chiedere quanto tempo ci vuole per mettere in piedi questo grandioso torneo; per chiedergli quante serate hanno impiegato per prendere contatti, invitare, spiegare; potremmo chiedergli come fanno tutti gli anni ad arrivarci in fondo, con il pensiero dell'organizzazione, che tutto si incastri alla perfezione, e anche a concentrarsi sulle partite tanto da raggiungere, per Domenico, un sesto posto dove si respira già l'aria dell'Olimpo.
Potremmo chiedergli quanto conta avere persone come Eugenio, Attilio, Giovanni, i volontari, gli amici, il Gruppo sportivo, su cui poter contare per far funzionare tutto.
Potremmo chiedergli anche quale soddisfazione si prova a sentire il Commissario straordinario dell'Istituto Ciechi Masto e il Presidente FISPIC Remo Breda che si impegnano per organizzare a Milano il prossimo Campionato Europeo, sulla scia del successo di questi quattro anni di Torneo che promettono uno svolgimento altrettanto professionale ed efficace.
Ma non sono in effetti le parole, che possiamo almeno immaginarci, che contano: quello che conta è quello che abbiamo visto, toccato, giocato, conosciuto e abbracciato, riso e sudato, quello che ogni anno si rinnova tra queste pareti e con queste persone meravigliose.
Ragazzi, che le energie e la voglia vi restino sempre, che lo showdown sia con voi... e con noi per molto tempo ancora!
Angela Bellarte
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