UNA GIORNATA INDIMENTICABILE
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Domenica 8 Maggio si è svolta, a Marina di Massa, la terza edizione del Trofeo Braille di Tiro con l’Arco, un appuntamento in cui tutti gli arcieri non vedenti d’Italia si ritrovano per sfidarsi a vicnere l’amkbito trofeo: un punteruolo gigante conficcato in una base circolare, il tutto forgiato in meraviglioso marmo di Carrara. Questo appuntamento è molto sentito dagli arcieri italiani perché rappresenta un’importante tappa verso i Campionati Italiani targa ParaArchery.
Il GSD, per quest’anno, ha deciso di far partecipare anche gli arcieri che da poco hanno iniziato il percorso agonistico del Tiro con lArco e, quindi, anch’io e Susanna siamo partiti Sabato 7 Maggio alla volta di Marina di Massa con la convinzione, almeno per me e per il mio allenatore Mario Porotti, di andare a fare questa gara e di viverla come un momento di verifica del lavoro svolto fin qui, proprio in vista dei più importanti Campionati Italiani.
E così Domenica mattina comincia questa importante tappa del mio percorso agonistico. La prima parte della giornata prevedeva una gara di qualificazione composta da 72 frecce, suddivise in 2 manches, tirate da una distanza di 30 m., su un bersaglio di 80 cm. di diametro.
Le fasi precedenti di messa a punto dell’Arco e del mirino tattile non hanno suscitato in me grandi emozioni tranne quelle tipiche del pregara che qualunque atleta prova.
A pochi minuti dall’inizio dei tiri Mario mi fà le solite raccomandazioni: “Questa è una gara di verifica, non inventare cose strane e non fare esperimenti. Fai quello che sai e vedrai che andrai bene!”
....Si comincia, veniamo chiamati sulla linea di tiro dai 2 segnali acustici, il mio cuore fa qualche battito più forte del solito ma, tutto sommato, sono sensazioni che conoscevo già. Le prime 3 volè sono andate bene, le successive 2, un vero disastro e l’utlima della prima amnche ha risollevato un po’ la situazione. Nella seconda manche ho fatto leggermente meglio rispetto alla prima e, alla fine delle 72 frecce, ero quarto in classifica generale col punteggio di 212. Nel pomeriggio, negli scontri diretti, mi sarei dovuto battere contro il quinto. Le mie aspettative erano molto basse, non pensavo neanche di passare i quarti di finale.
Dopo una pausa per il pranzo hanno avuto luogo gli scontri diretti: incontri disputati su 15 frecce. In questi casi bisogna dare il tutto per tutto, vince chi sbaglia meno e, soprattutto, chi riesce a stare più concentrato. Il mio passaggio in semifinale rimane dubbio fino alla quinta volè quando un solo punto di differenza avrebbe segnato il mio destino. E, invece, queste ultime frecce hanno riservato una bella sorpresa: perfetta parità. Occorre, quindi, per dirimere la situazione, tirare una freccia di spareggio: lì hai 40 secondi per fare il massimo ed è lì che si è deciso il mio passaggio alle semifinali. Una cosa davvero inaspettata.
Le semifinali le dovevo disputare contro Claudio Peruffo, colui che ha vinto la gara di qualificazione facendo ben 319 punti: davvero tanti! Lui sì che sa tirare!
Anche le semifinali prevedevano 15 frecce, da tirare in 5 volè da 3 frecce. La prima volè l’ha vinta Claudio, le successive 2 le ho vinte io, la quarta l’ha vinta lui: stessa situazione dei quarti di finale. Man mano l’emozione salì, il cuore comnciò a farsi sentire e i primi tremori nelle mani fecero capolino. La quinta volè fu davvero lunga, anche se, in realtà, durò solo 2 minuti: soppesavo ogni freccia e, dopo l’impatto, aspettavo un giudizio di Mario che, col suo binocolo, teneva d’occhio entrambe le targhe. Alla seconda freccia udii un fremito nella voce di Mario che pronunciò “Va bene!” In quel momento mi corse un pensiero in mente, ma avevo ancora una freccia da tirare e dovevo continuare a dare il massimo. Tirai anche l’ultima e il giudizio fu “Va bene!” ma senza fremito nella voce.
Scesi dalla linea di tiro con le gambe che tremavano, le mani sudatissime e il cuore che andava all’impazzata. Il verdetto arrivò dopo pochi minuti in 3 semplici parole: “Sei in finale.” Io non ci credevo, pensavo mi stessero prendendo in giro, non riuscivo a rendermi conto del fatto che avevo battuto Claudio Peruffo. Poggiai l’Arco sul cavalletto e andai da Loredana che, anche lei, doveva battersi per l’Oro. L’abbracciai, la strinsi forte e le dissi: “Ho paura!” Era vero, da quel momento il cuore cominciò a martellarmi nel petto come non lo avevo mai sentito prima, sembrava un cavallo imbizzarrito e neanche alcuni respiri profondi riuscirono a rallentarono. A quel punto Mario mi incoraggiò dicendomi: “Al massimo prendi l’Argento. Non strafare, va benissimo così!” E, mentre mi accompagnò sulla linea di tiro mi sussurrò: “Vai e uccidi!” Ormai non potevo più scappare, dovevo dare il meglio di me e, soprattutto, non volevo deludere Mario e gli altri allenatori. Avevo tutto che mi tremava: gambe, braccia e mani e il cuore era lì bello presente e martellante. Si udirono 2 segnali acustici: la gara iniziò e sul campo calò un silenzio tombale. Anche la finale si doveva disputare in 15 frecce al meglio delle 3 volè. La cosa che mi stupì è che, quando ero con l’Arco appoggiato al piede le mani mi tremavano e le frecce ballavano sul rest, ma, quando cominciavo la sequenza, nulla più tremava: l’unica cosa sempre presente era il cuore impazzito. Le prime 3 frecce andarono bene: Mario mi incoraggiò dicendomi: “Continua così!” Anche le successive 3 furono come le prime. Iniziò la terza volè: le prime 2 frecce erano state giudicate “Benissimo”, l’ultima, la più difficile della mia vita da neo-arciere, fu giudicata “Molto bene!” Ma quel giudizio arrivò a sillabe, rotto dall’emozione. Io non capivo più nulla: mi dissero: “La gara è finita!” Io, ormai pensavo di aver perso in 3 volè, stracciato a pochi punti e, invece, dopo 5 interminabili minuti Mario si avvicinò a me e pronunciò 3 sole lettere: “ORO”. Non ci credevo, non pensavo fosse vero e chiesi conferma. Lui replicò con le stesse 3 lettere: “ORO”.
Lo abbracciai con ancora l’Arco in mano e lo ringraziai di tutto quello che aveva fatto per me e gli dissi: “Abbiamo vinto insieme, l’ORO è nostro”.
Se vi dovessi dire quanto è durato tutto questo non ve lo saprei dire: mi sembrava di essere intontito, trasportato dalle emozioni e dall’agonismo. Una sensazione stranissima, mai provata prima. Una sensazione sana, ricca, che ti stimola ad andare avanti.
Il resto della giornata trascorse come da rituale: le premiazioni, semplici e sobrie e, vi assicuro, andare sul gradino più alto del podio e ricevere il trofeo Braille è un’emozione indimenticabile!
Grazie Mario, grazie Armando, grazie Arnaldo e grazie al GSD che mi ha fatto scoprire questo sport davvero bello, sano e stimolante.
Grazie a tutti.
Diego Chiapello
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