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LE PARALIMPIADI - Oro alla Parente, Dal Maistro argento, la Dameno bronzo: Che bello sentire il tifo della gente. L'Italia fa un pieno di medaglie Visto? Siamo atleti davvero
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Da Repubblica
di (m.cr.) - (18 marzo 2006)
TORINO - Ancora medaglie, ancora azzurri protagonisti alle Paralimpiadi. Silvia Parente ha vinto l'oro nel gigante, categoria non vedenti, dopo i due bronzi in discesa e SuperG. Gianmaria Dal Maistro, oro in SuperG, ipovedente, ha conquistato l'argento in gigante mentre Daila Dameno ha vinto la medaglia di bronzo in gigante, categoria "sitting".
Silvia Parente, milanese guidata da Lorenzo Migliari, suo compagno in pista e nella vita, 36 anni, laureata in psicologia, programmatrice di computer con l'hobby della vela, pensa alle cose concrete: "Ci sono ancora tante barriere architettoniche nelle grandi città, eppure basterebbe così poco: sensori acustici alle fermate dei mezzi pubblici e agli attraversamenti pedonali. Invece, così, ogni giorno é una fatica".
Per Gianmaria Del Maistro detto Jerry (mentre la sua guida Tommaso Balassoé ovviamente Tom), vicentino di Schio, 25 anni, le medaglie appese al collo stanno diventando un'abitudine: "Le Paralimpiadi dimostrano che siamo atleti in senso pieno: il pubblico se n'é accorto. Credo sia importante cambiare il punto di vista generale nei confronti della disabilità. Finalmente, non ci dicono più "poverini" ma si cerca di capire quali siano i nostri problemi e le nostre risorse. Temevo che gareggiare in casa moltiplicasse la tensione e ci caricasse di attese esagerate, inveceé il contrario: ho sciato pi— tranquillo. Bello che tanta gente abbia seguito le gare, bambini e ragazzi soprattutto. Non so se dopo le Paralimpiadi cambierà qualcosa per noi, se verremo aiutati di più, ma é sicuro che il pubblico che ci ha visti non dimenticherà".
Daila Dameno ha 38 anni, vive a Magenta,é paraplegica e ha partecipato anche alle Paralimpiadi estive di Atene 2004: "Nel nuoto, ma purtroppo la visibilità di quella manifestazione fu quasi nulla. Stavolta é diverso, forse dipende dall'aver gareggiato in Italia: l'attenzione non é mancata e non é pietismo; di quello, proprio non abbiamo bisogno. Io scio da poco, appena un anno e mezzo però mi sono subito resa conto che la competitività quié enorme, e che si può vincere o perdere una gara per una differenza di materiali, proprio come accade nello sci dei normodotati. Il pubblico ha visto che siamo atleti, non casi umani da compatire. Chi ha seguito le gare di sledge hockey, nei primi minuti avrà guardato gli atleti amputati e i loro slittini, ma poi ha cominciato a seguire le traiettorie del disco e la partita, le azioni, i gol. Questa, forse,é una piccola rivoluzione culturale. Il tifo mi ha portato giù dalla pista, si può dire che la medaglia l'abbia vinta anche il pubblico, quando ho sentito il boato all'uscita dell'ultimo muro. Non so se per noi disabili ora sarà più facile, non credo, si spegneranno i riflettori, o forse qualcuno avrà capito meglio qualcosa. Ma noi siamo gente tosta, abituata a combattere dal primo minuto di ogni mattina".
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