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Non vedenti: la vittoria di Silvia Parente - L'oro al coraggio che esce dal buio Le soluzioni che hanno accompagnato la sciatrice nelle gare e nella vita
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Da Il Sole 24 Ore
di Luigi Dell'Aglio - (23 marzo 2006)
Nel buio più completo, solo una voce dirige Silvia mentre, investita dalle raffiche del vento che è come un muro, scende dagli oltre 2.000 metri del Sestriere. Un secco comando vocale, un pa-pa-pa, che Lorenzo, la sua guida che scia pochi metri avanti a lei, le manda da un piccolo amplificatore elettronico.
Non grida parole: a quella velocità, sarebbero incomprensibili. «Io riesco a seguirlo perché sento dove sta», fa lei. La traccia sonora è come la mano di un angelo per la campionessa non vedente. E lui: «Potrei farle arrivare via radio il mio segnale ma Silvia non avrebbe alcuna idea di dove mi trovo. Invece sparo la mia voce nel microfono che ho nel casco. L'amplificatore, che porto in un piccolo marsupio sulla schiena, le fa capire con precisione dove sono passato pochi secondi prima».
Nelle Paralimpiadi di Torino 2006, ecco la coppia più affiatata, nello sport e nella vita (sono fidanzati da 10 anni): Lorenzo Migliari conduce Silvia Parente, che con lui conquista un oro nello slalom gigante, oltre a due medaglie di bronzo. Il rombo del vento metteva a dura prova la comunicazione.
«Era come se andassimo a 150 all'ora» racconta Lorenzo. Le raffiche spostavano fisicamente le onde sonore; «era un'impresa impossibile intuire da dove partiva il segnale», riferisce lei. Ma il circuito elettronico, dotato di batteria e megafono, ce l'ha fatta. E, forte della sua volontà, "occhi di tigre" ha vinto. Perché in tribuna l'hanno denominata così. Alle Paralimpiadi Silvia, per regolamento, deve portare una mascherina nera, dimostrare di essere una non vedente assoluta (rispetto agli sciatori ipovedenti, che con un decimo di vista riescono in qualche modo a distinguere la sagoma della guida che li precede). E sulla mascherina nera di Silvia, la sorella di Lorenzo ha dipinto due occhioni gialli di felino.
C'è un luogo dove è Silvia, con la sua voce, a guidare gli altri. Nella mostra «Dialogo nel buio» all'Istituto dei ciechi di Milano, si procede attraverso ambienti totalmente oscuri e s'impara che, per esempio, è possibile riconoscere al buio il modello di un'auto, semplicemente toccandola. Insieme con Silvia, ad accogliere il visitatore, molti bambini non vedenti. Sono vivaci, non hanno rinunciato a nessuna delle attività dei loro coetanei. Anche Silvia ha un padre che non ha voluto farla sentire diversa quando, a due anni e mezzo, una malattia degenerativa le portava via la vista. A quattro anni è salita sugli sci. Il papà la guidava su un canipetto: «Un pò più a destra», «Un pò più a sinistra». Poi gli studi. Le pagine dei libri sotto lo scanner. La sintesi vocale. Liceo linguistico e laurea in scienza dell'educazione.
Oggi, a 36 anni, armata del suo bastoncino bianco, ogni mattina lei prende metrò e bus e va a lavorare da programmatrice di pc. Usa la barra Braille, sistema collegato al computer, che riproduce ogni riga dello schermo in forma per lei leggibile. E poi ci sono siti che, con modalità non grafiche, ti danno l'informazione essenziale.
Sport e tecnologia, un amore indivisibile nel cuore di Silvia. L'hi-te-ch ha tenuto banco, alle Olimpiadi e alle Paraolimpiadi. L'angolo di uscita dal trampolino, calcolato da Kazuhiko Watanabe per ottenere il salto ideale. Il software che rende più scientifico il lavoro dei giudici nelle prove di pattinaggio artistico.
Per farsi un'idea della baia di Rio (dove sta per tornare, in vacanza), a Silvia basta toccare una mappa a rilievo, scolpita da Lorenzo con la sabbia bagnata. Principio semplice ma simile a quello adottato in un progetto europeo cui partecipa la Scuola superiore Sant'Anna di Pisa: il non vedente inserisce il pollice e l'indice in due speciali "ditali" e può percepire, con il tatto, le forme di una città.
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