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Le barriere allo sport dei disabili
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da Il Sole 24 Ore
di Carlo Giorgi - (16 novembre 2009)
Le barriere allo sport dei disabili Attività fisica. Solo una minoranza gode dei benefici derivanti dalla pratica di una disciplina. Pesano l'insufficienza degli impianti e una scarsa promozione
Mancano strutture sportive adeguate e disponibili, i media non aiutano a coinvolgere potenziali atleti ed è e necessario trovare nuovi volontari che li affianchino nelle attività sportive. In Italia è una corsa a ostacoli la vita dei disabili che scelgono di fare sport. Il Cip – Comitato italiano paralimpico, sito internet www.comitatoparalimpico. it – conta 700 associazioni e 50mila tesserati. Un numero importante ma relativamente piccolo se si pensa che i disabili dai 6 ai 40 anni che potrebbero praticare sport, con grande beneficio fisico e psicologico, in Italia sono almeno un milione. Lo scorso mese il Cip ha celebrato, in 11 città, la Giornata nazionale dello sport paralimpico, finalizzata a far conoscere le opportunità dello sport per disabili. Grazie a manifestazioni come questa, in quattro anni il numero dei tesserati Cip è cresciuto del 15 per cento.
Poca visibilità.
Ma la strada da percorrere è lunga. «Noi siamo quelli che leggono il giornale al contrario, perché le notizie che ci riguardano sono nelle ultime pagine – osserva sconsolato Enrico Testa, allenatore nazionale di nuoto per disabili, reduce dai campionati europei di Reykjavik, dove l'Italia ha vinto un oro, un argento e quattro bronzi –. Il problema è innanzitutto culturale: molte piscine, quando un disabile chiede di nuotare, fanno storie per accettarlo. A Roma esistono solo due squadre che accolgono disabili. I volontari che accompagnano gli atleti si trovano, ma poi scarseggiano gli impianti».
«Le piscine senza barriere architettoniche sono poche, soprattutto al Sud – conferma Roberto Valori, presidente del dipartimento sport d'acqua del Cip – . Un guaio sono gli orari: ai disabili, che hanno bisogno di corsie riservate, sono spesso riservati i turni più balordi. È ovvio che questo scoraggi la pratica sportiva».
L'insufficiente promozione dello sport per disabili è problema comune a molte discipline.
Spesso la base di volontari è soddisfacente e a scarseggiare sono gli atleti disabili.
Difficile avvicinare i giovani.
Ma ci sono anche realtà con un buon numero di iscritti. Il Gruppo sportivo dilettantistico non vedenti Milano Onlus, grazie ai volontari accompagnatori, conta 120 sportivi iscritti che praticano nuoto, sci, ginnastica, pattinaggio sul ghiaccio, tiro con l'arco e baseball. Il sito è www.gsdnonvedentimilano.org. «La nostra associazione in fondo ha solo due preoccupazioni – racconta Francesco Cusati, presidente del gruppo sportivo –. La prima riguarda i giovani, che si avvicinano allo sport con sempre maggiore fatica. La seconda è legata alle strutture sportive. Sembra incredibile ma a Milano fatichiamo, per esempio, a trovare un campo da baseball su cui allenarci».
Cusati gioca nei "Thunder's five", la formazione di baseball per non vedenti campione d'Italia 2009. Allenatore dei "tuoni milanesi" è Lorenzo Vinassa de Regny, ex-giocatore dell'Europhon, mitica squadra meneghina di baseball, ai vertici italiani ed europei tra il 1960 e il 1970. «Non abbiamo un vero campo – conferma Vinassa –. Abbiamo chiestoal comune di Milano di darci il terreno del Crespi, inutilizzato, ma non abbiamo avuto risposta». I volontari del baseball per non vedenti segnalano con la voce agli atleti la posizione delle basi verso cui correre. «Quando vedi gente che impara a lanciare la pallina in quel modo – continua Vinassa – e pensi che prima non hanno mai potuto lanciare nemmeno un sasso, è una soddisfazione enorme».
Carlo Giorgi
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