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La Saccocci saluta il canottaggio
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da Sportal.It
- (12 gennaio 2010)
"Credo che ogni persona di buon senso debba riconoscere il valore delle esperienze del suo vissuto e io ho avuto la fortuna di riconoscere l'eccezionale opportunità che Paola Grizzetti mi ha offerto nel 2004: entrare a far parte del gruppo Adaptive Rowing".
Con queste parole, in una lettera al Presidente della Federazione Italiana di Canottaggio, Enrico Gandola, Graziana Saccocci annuncia il suo ritiro dall'attività agonistica.
Un esempio per tutti coloro che, nella vita e nello sport, vogliono superare il proprio limite per centrare un obiettivo straordinario. Graziana, non vedente milanese ex insegnante e ora disegnatrice pubblicitaria, ce l'ha fatta giovedì 11 settembre 2008: capovoga del "quattro con" d'oro alle Paralimpiadi di Pechino, un successo condiviso con i compagni d'equipaggio Paola Protopapa, Luca Agoletto, Daniele Signore, il timoniere Alessandro Franzetti, lo staff tecnico-medico e il canottaggio italiano.
In un’intervista rilasciata a Felice Magnani per il volume "L'oro in bocca", spiega proprio il ruolo degli allenatori nella vittoria a cinque cerchi. "Passavo le mattine in vasca con Giovanni Calabrese davanti, che mi metteva dei pezzi di legno per farmi sentire dove potevo arrivare con il braccio. Tutto questo ha permesso di arrivare all’appuntamento paralimpico preparata in maniera tale da svolgere perfettamente il ruolo assegnato in barca".
Gli ultimi momenti della finale di Pechino. "Quando Alessandro ha detto al microfono che la barca americana stava attaccando ho subito pensato che non fosse vero perché la sua voce era diversa dal solito. Non stava dando un ordine, stava facendo semplicemente una considerazione perché noi non dovevamo mollare. Ho intuito tutto, anche se ero concentratissima. Quando ci ha detto di fermarci, mi sono accasciata sul remo: o respiravo o morivo".
Le considerazioni su disabili e sport: pensieri mai banali, frutto di una sensibilità che sa andare oltre la facciata ed entrare nel cuore. "A Pechino i miei compagni mi dicevano: ‘Graziana, forse è un bene che tu non veda perché qui ci sono tante disabilità’. E’ un discorso molto brutto, soprattutto se pronunciato da una persona disabile. Noi siamo abituati ad avere presenti determinati sport solo a Natale, quando arrivano le ‘cartoline’. Diciamo: ‘Oddio, ci sono anche loro, forse darò loro qualcosa’. Noi disabili e voi normodotati ghettizziamo non solo la persona di colore, ghettizziamo i disabili, certe categorie di disabili. Se la società si aprisse e permettesse ai disabili di circolare come fanno tutte le altre persone, avendo le strutture per poterlo fare, la gente, forse, penserebbe in modo diverso".
L'oro di Pechino, l'argento di Poznan, l'indimenticabile braccio al cielo dopo la certezza di aver qualificato il suo quattro con per le Paralimpiadi al termine della finale di Monaco: le vittorie della pazienza, i frutti di cinque anni di lavoro per chi nelle gelide giornate dell’inverno lombardo prendeva tutti i giorni il treno da Milano a Gavirate per sostenere gli allenamenti.
"Ricordo di averla cercata disperatamente altrimenti non avremmo potuto partecipare ai Mondiali del 2004 – spiega il CT Paola Grizzetti – Dopo due mesi di telefonate sono riuscita a raggiungerla in un Istituto di Milano. Il responsabile mi ha detto: ‘C’è una ragazza che vorrebbe provare’. Così ci siamo incontrate".
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