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Baseball

«Attraverso il baseball ora vedo un futuro»


da Avvenire
di Mina Marano - (18 gennaio 2012)

MILANO. Aarrivata in Italia su un gommone, da clandestina, attraversando il mare tra Albania e Italia, di notte.

«Mi ricordo il freddo e il cielo stellato su cui concentravo tutta la vista che mi rimaneva», racconta Arjola Dedaj ricordando quel 21 dicembre 1998. Un percorso che, come lei, in quel periodo fecero migliaia di albanesi.

Arjola oggi è una campionessa di danza sportiva per non vedenti e giocatrice di baseball nei Thunder five di Milano. Dodici anni fa è arrivata con la speranza nel cuore che l’Italia potesse diventare l’America.

«La prima cosa che sognavo era quella di trovare una cura per tornare a vedere. Speravo che i medici albanesi avessero sbagliato la diagnosi di retinite pigmentosa ». Invece la realtà conferma la malattia che porta Arjola alla cecità 6 anni più tardi.

«Piangevo sempre per la disperazione e per la vergogna », racconta. Poi un’assistente sociale di Abbiategrasso le fece conoscere l’Istituto dei ciechi di Milano. «La preoccupazione dei miei era quella del lavoro. Prima di perdere la vista ho sempre lavorato. Per alcuni anni in una ditta che produceva nastri da pacco e nella cucina di un ristorante come aiuto cuoco.

Ora che ero diventata cieca come potevo mantenermi?».

All’istituto Arjola frequenta diligente il “solito” corso da centralinista e un altro pe r usare il personal computer. Arjola, però, è una ragazza sveglia, molto attenta a cogliere le occasioni. All’istituto sente parlare di un corso per guide al Dialogo al buio, il percorso aperto a tutti che permette di sperimentare luoghi della vita quotidiana in totale assenza di luce. Supera le selezioni e fa un lavoro che le da molte soddisfazioni.

In questo periodo conosce anche gli atleti del Gruppo sportivo non vedenti di Milano. «Mi hanno fatto provare il baseball e ho cominciato subito a seguirlo. Mi piace perché richiede concentrazione, istinto, e si svolge all’aria aperta. Il gruppo mi ha accolto molto bene, siamo diventati una squadra affiatata e costruttiva, anche quando si perde non ci si lamenta ma si ragiona sugli errori ».

Far parte di una squadra è una dimensione nuova per Arjola che aveva cominciato a fare danza sportiva che è disciplina paralimpica. «Con Salvatore Vitacca, vedente, c’è un buon feeling, tanto che abbiamo vinto il campionato italiano 20 10 di danza sportiva».

Adesso Arjola, 30 anni, vuole prendere il diploma di maturità. «In Albania, soffrivo la scuola per via della malattia. Non riuscivo a partecipare alle attività della classe, leggevo lentamente, non riuscivo a vedere la lavagna, non potevo leggere le cartine geografiche, non so nulla di geografia. Le maestre non erano molto creative. E- ro considerata una “povera cieca”. In Albania ci sono tanti pregiudizi verso la disabilità ». Per questo Arjola ha un obiettivo.

«Vorrei fare qualcosa nel mio Paese per dimostrare che anche chi ha una disabilità importante come la cecità, può fare tante cose. Vorrei lavorare perché in Albania non ci siano più discriminazioni».

Mina Marano

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