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Abilità senza limiti. Quando entra in gioco il talento non esistono più confini


da Il Corriere Della Sera
- (9 giugno 2012)

Il talento dove non te lo aspetti.

Abilità diverse, risorse da impiegare in azienda, nello sport, nel teatro, nella musica o da inserire nel mondo dell’impresa sociale.

Cos’è il “diversity talent” e come può trovare un ruolo nell’economia? Lo abbiamo chiesto a chi con la diversità convive quotidianamente, lotta contro i pregiudizi culturali e sa utilizzare al meglio le proprie capacità.

Talenti in musica “Non importa se sei disabile o meno quando hai del talento; il talento è democratico”.

A parlare è Paolo Falessi, fondatore e portavoce dei Ladri di Carrozzelle , gruppo musicale che porta sul palco ragazzi con disabilità fisiche e un vero talento per la musica.

Nati grazie a un sogno di alcuni amici, da più di venti anni bruciano chilometri sulle autostrade italiane.

Con cento date all’anno, 400mila euro di fatturato (“anche se negli ultimi tempi - ammette Paolo - per via della crisi abbiamo anche noi qualche problema”),cinque dischi in studio, due videoclip e sei diverse formazioni, i Ladri di Carrozzelle sono un’impresa che funziona e produce red-dito.

“All’inizio era vera gavetta”, ora invece i loro concerti sono sempre affollatissimi.

“Quel che ci dicono più spesso le persone è che non si sarebbero aspettate niente del genere”.

Per essere competitivi nel mondo della musica, chi entra a far parte del gruppo deve innanzitutto saper suonare.

“Ma non si tratta solo di virtuosismo musicale, devi saper comunicare con la musica e far divertire la gente, anche se nei primi tempi il nostro talento era più che altro la faccia tosta di salire su un palco davanti a tutti quegli sguardi che uccidono.

Il problema” continua Paolo “sono i pregiudizi, non le barriere architettoniche”.

E la disabilità? “È solo un amplificatore: se sei una persona in gamba, lo sarai ancora di più con un handicap”.

Nello sport e in azienda Mentre l’esperienza dei Ladri di Carrozzelle è unica per successo in Italia, nel mondo dello sport la disabilità è presente in molte discipline.

Oscar Pistorius, che sulle protesi di titanio compete con gli atleti normodotati più veloci al mondo, è chiaro: “Non sei disabile per le disabilità che hai, sei abile per le abilità che hai”.

A solo qualche settimana dalle Paralimpiadi 2012 tanti sono anche gli sportivi italiani che si raccontano; tra questi la canoista Florinda Trombetta che spera di tenere alti i colori azzurri a Londra: “Per me la disabilità non è un limite; anzi, se non fossi stata disabile non so se sarei riuscita a essere quel che sono oggi”.

Non vedente a causa di una malattia degenerativa che si è acuita all’età di vent’anni, Florinda si è laureata in Scienze della Comunicazione e ora lavora nel campo della formazione.

“In ufficio mi hanno sempre considerato come una risorsa, mai come un peso.

Ma che fatica! Per dimostrare quanto vali devi usare il doppio dell'energia di una persona normodotata.

Dal mondo del lavoro all’imprenditoria Se l’esperienza di Florinda è piena di successi sia nello sport che in azienda, come si comporta più in generale il mondo del lavoro nei confronti dei portatori di handicap? Con una percentuale di occupazione tra i disabili di solo 3,5%(dati ISTAT, aprile 2010), il tema è di forte attualità.

Ma se valorizzare i limiti vuol anche dire che un non vedente o un ipovedente è più produttivo di una persona normodotata quando si tratta di un lavoro da svolgere in scarsa presenza di luce, così come un non udente o ipoudente lo è nei luoghi di lavoro molto rumorosi, quando entra in gioco il talento non esistono più confini.

“Non ho mai accettato le categorie stereotipate e sba-gliate di normalità e disabilità.

Ho sempre creduto invece che esistono semplicemente le diversità”.

Ad affermarlo è Davide Cervellin, imprenditore padovano che della propria disabilità ha fatto una ricchezza.

Cieco dall’età di sedici anni, è oggi imprenditore di successo nel campo delle tecnologie a servizio dei portatori di handicap.

Appassionato di hi-tech,Cervellin ha fondato la Tiflo-system, azienda leader nei sistemi per facilitare la vita indipendente delle persone disabili.

Ausili di lettura per ciechi e ipovedenti, strumenti per aiutare nell’apprendimento i bambini affetti da dislessia,metodi per assicurare una vita autonoma a chi ha una disabilità nella comunicazione, e ancora macchine, pulsanti,invenzioni per permettere anche a chi soffre di un handicap fisico di muoversi liberamente e gestire la propria abitazione.

Conoscere un handicap significa capirne i problemi quotidiani, ma per Cervellin quello di cui c’è bisogno è soprattutto lo spirito di osservazione che,impiegato da chiunque, normodotato o portatore di handicap, identifichi un’area critica e trovi una soluzione per farvi fronte.

Osservare e capire il mercato è il talento coltivato da Cervellin, i cui occhi attenti scrutano economia e possibilità imprenditoriali.

“Per i ciechi, ad esempio, c’era la necessità di poter leggere un testo stampato, così abbiamo inventato una macchina che permettesse di farlo” racconta l’imprenditore.

“La disabilità va vista intermini utilitaristici, non più di pietas cristiana”.

Oggi la Tiflo-system, 25 anni di invenzioni di successo alle spalle, oltre una dozzina di persone impiegate e 3,7 milioni di euro di fatturato nel 2011, vede all’orizzonte grandi prospettive di mercato.

“Una grande fetta del settore spiega Cervellin spetterà a chi riuscirà a trovare soluzioni che permettano ai ciechi di usare i touch screen.

”Se infatti molti dei limiti di comunicazione con cui i disabili dovevano confrontarsi fino a pochi anni fa sono caduti, altri sono sorti:la tecnologia, fondamentale nel trovare soluzioni per migliorare la vita di tutti, a volte può far nascere nuove barriere, proprio come nel caso degli schermi touch.

Anche il mondo della didattica offre grandi possibilità imprenditoriali.

“Nel prossimo futuro lavoreremo per sviluppare tecnologie che permettano una didattica multimediale adatta ai diversi tipi di disabilità” conclude Cervellin.

Perché se è vero che “le diversità sono occasione per generare scambio e risposte,la loro valorizzazione deve iniziare a partire dalla scuola per favorire la cultura della partecipazione di tutti”.

Imprese sociali di eccellenza In linea con Cervellin sono an-che le tante imprese sociali sorte negli ultimi decenni la cui missione è favorire l’integrazione e sostenere lo sviluppo delle abilità dei portatori di handicap mentali e fisici, oltre che d iquelle categorie come gli ex detenuti che incontrano maggiori difficoltà ad accedere al mercato del lavoro.

Tra le numerose esperienze di successo sparse in tutta Italia molte sono quelle rivolte allo spettacolo, tra cui il teatro e la danza considerati mezzi alternativi nell’espressività dei disabili, come altrettante le imprese rivolte al mondo della produzione.

Promossa dalla Comunità di Capodarco di Roma, l’esperienza Pasta di Capezzaia è sinonimo di impresa sociale in piena attività.

Nato nel 2008, il marchio impiega oggi circa 30persone con disabilità psichica nella produzione di pasta fresca all’uovo.

Con una produzione potenziale al giorno di 80 quintali di fettuccine, pasta sfoglia,cappelletti, cannelloni, ravioli e gnocchi, lo stabilimento con sede a Pomezia confeziona e distribuisce i propri prodotti nei supermercati Coop del Centro Italia , dimostrazione di come sia possibile creare un’attività che renda produttive risorse umane considerate “residuali”dal mercato del lavoro.

Centrata sulla persona e sulla sua capacità produttiva, Pasta di Capezzaia (100 mila euro di fatturato annuo) è il successo di un laboratorio sociale riservato a persone con disagio psichico divenuto in pochi anni un’im-presa vera e propria.

Con finalità simili, per l'abilitazione o la riabilitazione di persone con problemi di salute mentale investendo nelle capacità di ciascuno, a Milano opera una realtà di successo come Olinda .

Nata nel 1994sulle ceneri dell’ex ospedale psichiatrico Paolo Pini, l’associazione Olinda si è assunta l’onere di riconvertirne gli spazi non solo promuovendo attività lavorative in cui integrare le persone che vi erano ricoverate, ma anche aprendoli al territorio.

“L’idea alla base del nostro progetto è di creare un ruolo sociale positivo per le persone con problemi di salute mentale che collaborano alle nostre attività di impresa” spiega il vicepresidente di La Fabbrica di Olinda Antonio Restelli.

“Oggi abbiamo 35 persone che lavorano nelle nostre strutture, di cui un terzo con problemi di salute mentale”.

Le attività di Olinda si concentrano nel settore dell’accoglienza in cui, prose-gue Restelli “sia gli operatori sociali, per gli studi fatti, sia i disabili, per aver sperimentato sulla propria pelle la non accoglienza, sono esperti”.

Negli ampi spazi dell’ex istituto psichiatrico alla periferia di Milano, sono nati così un ristorante che durante la stagione estiva propone concerti e spettacoli all’aperto, un bar,un ostello, un teatro e la sede di una società di catering.

Si fonda invece sul lavoro sartoriale delle donne detenute nei carceri milanesi di San Vittore e di Bollate la cooperativa sociale Alice : con 20 anni di attività già svolti, 25 dipendenti attuali e circa 120 donne che hanno militato nella sua compagine, Alice opera nell’ambito dell’abbigliamento raggiungendo un fatturato annuo di circa 500 mila euro.

L’attività, che ha subito una diversificazione nel corso degli ultimi 24 mesi, si concentra in particolare sul marchio Sartoria San Vittore, brand nato due anni fa.

A rinforzare il lavoro vi sono le commissioni dei privati, aziende e negozi, la linea di gadget Gatti Galeotti, e la produzione di toghe forensi.

Nata nel 1992 dall’incontro con il costumista Alessandro Brevicon le detenute di San Vittore, Alice impiega oggi donne con età media attorno ai 40 anni, molte delle quali straniere.

“Le assumiamo mentre ancora stanno scontando la pena in carcere” spiega Ida Piermarini, tra le responsabili del progetto,“ma appena è possibile vengono a lavorare nella nostra sede esterna al penitenziario”.

L’ennesimo esempio concreto di come talento e impresa sociale possano essere non in antitesi, ma anzi in perfetta sintonia, anche quando sottoposti alle spietate leggi del mercato più competitivo.

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E noi, proprio noi, non solo vediamo il mondo, ma lo guardiamo dai campi di sci sulle montagne più alte, dalle barche a vela su laghi e mari profondi, dai rettangoli di equitazione, dai diamanti di baseball e dai poligoni di tiro con l'arco, dalle piste di pattinaggio e dai circuiti di atletica, e ancora non abbiamo finito!
Non ci servono occhiali per vedere questo mondo meraviglioso, lo vediamo attraverso lo sport!

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