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Sono non vedente, quindi gioco il campionato di baseball
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da Il Vostro
di Michele Albini - (10 giugno 2012)
LA STORIA DELLA DOMENICA - Si chiama AIBxC ed è l'associazione che organizza il torneo nazionale: nove squadre, due giorni, e c'è pure la coppa Italia a settembre. Le regole sono molto simili al baseball originario, ci si affida a sonagli, dispositivi sonori e due arbitri, questi sì dotati di vista lunga. Spiega il presidente: «La nostra ambizione è arrivare ai giochi paraolimpici»
Michele Albini
Una partita di baseball per ciechi Una partita di baseball per ciechi
MILANO – I non vedenti che praticano il baseball? Non conviene mostrare scetticismo al riguardo se si sta parlando con Alberto Mazzanti, presidente dell’Associazione italiana baseball giocato da ciechi (AIBxC). «Per cominciare – attacca lui –Il nostro gioco è proprio quello del baseball, all’estero non c’è n’è uno che sia simile allo sport originale quanto il nostro». Esiste un campionato italiano che oggi conta nove squadre, divise in due gironi, che giocano da marzo a giugno. A settembre si gioca la coppa Italia. Secondo Mazzanti, una versione del gioco così fedele al baseball non esiste neppure negli Stati Uniti, la patria di questo sport. «Da noi c’è il battitore – non il lanciatore – la palla colpita con la mazza e le corse dei battitori per conquistare la base. L’avversario ha il classico guantone e raccoglie la palla, che è cava e contiene dei sonagli, e la lancia verso la base sulla quale sta correndo il battitore, con l’obiettivo di eliminarlo. Questi sono i principi basilari del baseball».
Le origini di questo sport per i non vedenti datano al 1993, con la prima partita giocata l’anno dopo, a Bologna. L’iniziativa si deve ad Alfredo Meli, ex giocatore professionista scomparso nel 2010. L’inevitabile abolizione della figura del lanciatore fa sì che spetti allo stesso battitore colpire con la mazza la palla che tiene nell’altra mano. In virtù dei sonagli all’interno, le sfera è rintracciabile da tutti i dieci giocatori in campo – cinque per squadra –, che possono proseguire l’azione nei due ruoli di attacco e difesa. Due persone vedenti arbitrano e coordinano il gioco ai margini dell’azione, per esempio dando con la voce un riferimento per il lancio al difensore che ha raccolto la palla battuta. Lo spazio di gioco occupa solo una frazione del normale campo da baseball, quella sinistra tra la seconda e la terza base. Un dispositivo sonoro piazzato nella prima base indirizza la corsa dei battitori. La strada per la base successiva viene segnata da uno degli aiutanti vedenti che, man mano che il corridore si avvicina, batte due palette di legno con sempre maggiore velocità. Le squadre sono aperte a persone di tutte le età e di ambo i sessi, le adesioni procedono col solo passaparola.
«Questo gioco è altamente socializzante per i non vedenti – spiega Mazzanti – e vorremmo farlo conoscere in tutto il mondo. La nostra ambizione è arrivare ai giochi paraolimpici». Tra coloro a cui la scoperta di questo sport ha fornito nuove motivazioni c’è anche Francesco Cusati, 42 anni e cieco dall’età di 20, capitano della squadra milanese dei Thunder’s Five. Nella vita di ogni giorno lavora all’Istituto dei ciechi di Milano. «Quando mi hanno coinvolto nel baseball per ciechi – racconta – mi era sembrata una sciocchezza: in questo sport bisogna sempre guardare bene la palla. Finché avevo la vista infatti, amavo guardare il baseball degli Stati Uniti in televisione». Convinto anche grazie ad Alfredo Meli ad andare agli allenamenti, Francesco è stato conquistato dalla disciplina. «Allora ho fondato a Milano questa squadra, i Thunder’s Five, con un gruppo di amici. Ora siamo nelle semifinali del campionato». Il baseball per ciechi permette di affinare le tecniche di orientamento e mobilità e consente di correre senza una guida. «Quando entri a far parte del baseball per ciechi – conclude Francesco – la passione ti prende veramente tanto».
I fondi che sostengono queste società sportive provengono dall’associazionismo e dal volontariato. La realtà italiana di questo sport è in crescita: quasi ogni anno nasce una nuova squadra. L’anno scorso si è aggiunto il Cagliari, l’anno prima la Roma. Nel frattempo, esponenti dell’AIBxC sono già andati a fare proseliti in Ungheria, a Cuba, in Francia e in Germania. Il prossimo obiettivo è il Giappone.
Michele Albini
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