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Silvia, l'arrampicatrice che abbatte le barriere
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da Avvenire
di Carmen Morrone - (19 gennaio 2013)
Silvia Parente, milanese, 43 anni, è la nuova rappresentante dei climbers italiani. Di tutti: normodotati e non.
MILANO. Silvia Parente, non vedente, è l’attuale vicecampionessa del mondo di arrampicata sportiva e qualche giorno fa è stata eletta nella Fasi, la federazione italiana di arrampicata sportiva che conta oltre 4mila tesserati.
«Nella mia vita non smetto mai di emozionarmi. Lo sport mi dà ancora tanta adrenalina e ora questo importante incarico mi da ulteriore slancio».
Silvia Parente è stata una stella dello sci alpino paralimpico: alle Paralimpiadi invernali di Torino 2006, in coppia con Lorenzo Migliari, ha vinto una medaglia d’oro e tre di bronzo, con le quali si è congedata dallo sci, ma non dallo sport.
La scelta dell’arrampicata è un fatto di autonomia. I ciechi imparano a memoria - insieme alla guida - il tracciato in parete, poi si muovono da soli, fanno nodi, agganciano moschettoni, cercano le prese.
«Non abbiamo paura, viviamo un grande senso di libertà e i compagni ci aiutano a fare tutto in sicurezza», dice Silvia. Nell’arrampicata sportiva, i climber n ormodotati e non, si allenano e gareggiano contestualmente.
Il passo a eleggere una persona non vedente a rappresentante di tutti gli atleti, quindi, è stato facilitato da una certa familiarità all’integrazione.
«Adesso tocca a me dimostrare di essere all’altezza del compito, di sapere ascoltare e interpretare le esigenze di tutti gli atleti. Non devo perdere questa occasione che rappresenta un’importante tappa nella storia dello sport», dice Silvia che divide il ruolo con Davide Mandrà (un voto in meno di Silvia), normodotato. Nel programma di Silvia c’è la promozione dello sport.
«Questo sarà il filo conduttore che passa attraverso problematiche più specifiche degli atleti, dovute al fatto che l’arrampicata sportiva non è disciplina paralimpica e riceve meno risorse di altri sport. Importante è la revisione del regolamento del paraclimbing che, considerando la crescita di praticanti, deve essere accessibile a più disabilità. Ad esempio i tracciatori internazionali devono essere sempre più preparati per rendere adeguate, ma competitive, le gare soprattutto di chi ha difficoltà di mobilità agli arti inferiori che richiede distanze corte e prese vicine».
Carmen Morrone
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