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Una palla da baseball per battere la sfortuna
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da Repubblica.it
di Luigi Bolognini - (30 giugno 2013)
MILANO.
Un minimo vantaggio è di non essere proprio cieco: «Sono ipovedente, qualcosa intravedo — dice — per cui mi capita spesso, camminando per strada e dovendo chiedere qualche informazione, di essere scambiato per un mendicante o un malintenzionato.
Una vita così non è facile, ma è molto migliorata due anni fa, quando all’Istituto dei Ciechi, dove lavoro come centralinista, mi hanno raccontato dei Lampi.
Del baseball non sapevo neppure le regole, ma mi ha conquistato subito, e ho trovato anche e soprattutto un gruppo di amici».
In soli due anni, da totale ignorante è passato a miglior giocatore della finale scudetto, con tanto di fuoricampo durante il match, un’impresa sportiva che ha del clamoroso.
Bravissimo, Dieng, anche perché fare un fuoricampo nel baseball per non vedenti è particolarmente difficile: tra le differenze del regolamento rispetto ai giocatori normodotati c’è anche che la palla, una volta battuta, deve toccare terra prima di entrare nella zona difensiva, quindi la velocità rallenta.
Ma il fuoricampo non è impossibile, evidentemente: in finale ci è riuscito anche Sarwar Ghulam, dei Thunder’s Five.
Non è l’unica regola a essere modificata per i ciechi, e d’altronde è indispensabile per permettere anche a chi non vede di praticare uno sport basato proprio sulla vista.
Anzitutto, nella palla è inserito un sonaglio che permette ai giocatori di orientarsi, poi la prima base non è una zona di conquista ma solo di passaggio, e le corsie sono in terra rossa circondate da erba, per fare capire se si sta deviando dalla retta via.
Ma per orientare chi sta correndo ci sono anche dei giocatori vedenti che lo guidano col suono di due palette, e quando si pas sa sopra una base c’è un segnale acustico.
Infine, la battuta.
Il lanciatore non c’è, fa tutto da solo il battitore, quasi come nel tennis.
E le donne battono 4 metri più avanti.
Già, perché il baseball per non vedenti è uno sport misto.
E dei Lampi fa parte Ilaria Granata, 32enne che è stata premiata come migliore difensore del campionato: «Una donna in questo sport passa inosservata — sorride — in fondo le squadre sono miste anche di età, il sesso del giocatore conta poco».
Ilaria ha perso la vista una decina di anni fa, «ma da allora faccio anche più sport di prima.
Ad esempio mi dedico molto alla scherma, specialità spada.
Quando mi hanno proposto il baseball confesso che mi era sembrata una cosa da baraccone: i sonagli, le palette...
Appena ho iniziato a farlo non ho più smesso.
E ora eccomi qui con lo scudetto sulla maglia.
Ancora non ci credo ».
Non ci credeva nessuno, questo va detto: «Onestamente partivamo parecchio sfavoriti — ammette il capitano, Maurizio Scarso, battitore designato, 50enne — ma questo rende la nostra vittoria ancora più bella, anche perché ottenuta contro la squadra dalla quale siamo nati e con cui c’è una sana rivalità sportiva, ma anche amicizia.
Spesso ci alleniamo anche insieme.
Perché il bello di questo sport è che unisce.
E che — grazie alle guide sonore — anche chi non vede può correre a tutta birra senza il timore di doversi scontrare con qualcuno».
Dare tutto quel che si ha, bella metafora.
d
Luigi Bolognini
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