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Ilaria, oltre il buio: “Ma mi sono ricreata la normalità”
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da Gazzetta dello Sport
di Gian Luca Pasini - (20 febbraio 2015)
Non ci vede più ma … legge. Meglio: vede, ma in modo diverso. Ilaria Granata si è tracciata la strada dell’autonomia. Un cammino verso la normalità, un percorso che non le preclude alcun obiettivo. “Non sopportavo l’apprensione della gente, non volevo che gli altri facessero le cose al posto mio e così, sia per dimostrare a loro sia a me stessa che ero ancora una persona abile alla vita, mi sono ricreata la mia normalità che per moltissimi versi è uguale a quella di prima: lavoro, viaggio, leggo, vado al cinema. Insomma, la vita normale di una normale 33enne.
Mi sono resa conto che ci sono una miriade di informazioni che prima ignoravo alla grande e queste mi hanno permesso di tornare a vedere solo in maniera differente”.
RISVEGLIO AL BUIO La 33enne milanese (34 anni il 9 aprile) è cieca da circa 10 anni per una malattia genetica della retina che si è manifestata strada facendo. “Fino ai 23 anni vedevo bene, a parte qualche piccolo disturbo dovuto al cambio di luminosità improvvisa. Poi, una mattina, mi sono svegliata e non ho visto più se non la luce e il buio. Ne sono uscita semplicemente volendo riprendere in mano la mia vita. Lì per lì è stata una botta, sapevo che sarebbe potuto succedere ma, certo, non ero del tutto preparata”.
NON VEDERE “Quando vedevo non mi ricordavo tutti i giorni che avevo la vista, così come ora non mi ricordo tutti i giorni che non ci vedo, ormai è diventata una parte di me, così come il colore dei capelli, il mio brutto carattere e le mie mille altre caratteristiche. A modo suo mi piace anche non vedere”. Avversità di un destino rovesciato come un calzino.
NULLA E’ IMPOSSIBILE “Lo sport ha avuto sicuramente un ruolo importante in questo percorso. Ho sempre fatto attività sportiva fin da piccola grazie ai miei genitori. Quando ho perso la vista sono entrata in contatto con il gruppo sportivo non vedenti di Milano ma ho praticato diverse attività: dalla danza del ventre al tiro con l’arco. Così ho conosciuto altre persone cieche che mi hanno aiutato molto soprattutto dal punto di vista pratico. Per me era tutto nuovo e grazie ad altri ho capito che anche delle cose che credevo impossibili erano assolutamente fattibili”.
ALTRO CHE BARACCONI Francesco Cusati, il presidente del Gruppo sportivo, insisteva perchè Ilaria provasse il baseball ma lei rifiutava categoricamente ogni suo tentativo di convincimento: “Pensavo al rispetto di alcuni dei limiti che secondo me inevitabilmente il non vedere creava: come correre in un campo da baseball senza vedere? Come prendere una pallina se non la vedo?
Semplice, si corre con le persone sulle basi che battono delle palette per indicarmi il mio punto di arrivo. La pallina è forata con all’interno dei campanelli. No, per me era dare l’idea dei fenomeni da baracconi. Fin che un giorno Cusati mi ha sfinita e ho accettato l’invito: altro che fenomeni da baracconi, da quel momento il baseball è diventato la mia passione”.
FINE DEI LIMITI “Limiti? No grazie: sono fatti per essere superati. La libertà di correre senza accompagnamento e recuperare la pallina: un gioco da ragazzi, tanto che nella stagione 2013 sono stata il miglior difensore del campionato e con i Lampi Milano abbiamo vinto anche lo scudetto, nel 2014 il bis. Poi la scherma che mi ha sempre appassionata, tant’è che quando la Lodetti ha aperto le porte della sala ai non vedenti ero lì pronta a prendere in mano la spada: il mio secondo amore dopo il baseball. Ringrazio la Sala Lodetti e tutti i maestri per aver creduto in questa avventura. L’integrazione in sala è totale, tutti tirano con tutti”.
PER I TRICOLORI LO Ilaria lo farà anche il 21 di febbraio, a Pesaro, nella seconda prova di qualificazione ai campionati italiani di giugno a Torino dove spero di poter togliere il “vice” davanti a “campionessa” per tornare a salire nuovamente sul gradino più alto del podio. Odio perdere, non concordo con chi dice che l’importante è divertirsi. Poi, certo, l’importante è fare il meglio possibile e capire dove si sbaglia se i risultati non sono quelli desiderati”.
BASTA GIUDICARE Ilaria non le manda a dire: “Vorrei che smettessimo di giudicare. Non mi considero disabile, sono gli altri che a volte mi fanno sentire così. Mi piace quando le persone mi fanno domande, a volte domande che considerano stupide. Invece non credo ci siano domande stupide, ogni cosa chiesta è un passo verso l’integrazione. Vivere ciò che è diverso da noi con disagio è una cosa di cui dobbiamo riuscire a liberarci. Io l’ho imparato da quando non vedo e ora se incontro una persona che vive una “situazione ” diversa dalla mia e se questo mi suscita curiosità. Vorrei che si smettesse di usare termini assurdi per girare intorno alla realtà delle cose, non ci vedo, sono una persona cieca, non mi offendo se mi sento dare della cieca, mi infastidisco di più se si gira intorno al concetto per cercare di non offendermi. Di cosa mi dovrei offendere? E’ vero, non ci vedo”.
Gian Luca Pasini
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