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Maturita' 2016: l'impresa di Gaia
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da Il Corriere Della Sera
di Alessandra Dal Monte - (14 luglio 2016)
Gaia Rizzi è diventata cieca quando aveva 15 anni, ma non si è data per vinta. Atleta paralimpica, ora sogna di fare l’interprete al Parlamento europeo.
La voce che le è più familiare è quella del sintetizzatore vocale. Quel programma che in questi anni le ha permesso di leggere, scrivere, consegnare compiti in classe e sostenere l’esame di maturità linguistica nonostante la totale assenza della vista. Gaia Rizzi, 19 anni, è una dei sei ragazzi diversamente abili che si sono appena diplomati al liceo Virgilio di Milano. Le tre prove le ha svolte con il computer, digitando velocissima sulla tastiera che conosce a memoria con accanto un’insegnante di sostegno che le leggeva i quesiti. Tema su Umberto Eco, compito di inglese sul calo demografico in Europa, tesina sulla diversità: «Ho preso spunto dalla mia situazione, evitando però di parlare di me. Ho collegato Rosso Malpelo a Baudelaire, il Dna alla Gabbianella e il gatto di Sepulveda». Voto finale: 71 centesimi. «A dire la verità speravo in tre-quattro punti in più, ma sono comunque soddisfatta. Mi dico brava da sola per questi cinque anni di fatica», racconta Gaia, completamente cieca dall’età di 15 anni e nonostante questo futura studentessa di Lingue e relazioni internazionali all’università Cattolica e campionessa italiana di 60 e 200 metri piani nella categoria «Non vedenti» della Fispes, la Federazione italiana sport paralimpici e sperimentali. Quest’anno ha mancato le qualificazioni agli Europei per un soffio, spera di riuscirci l’anno prossimo.
La cecità.
Fino ai 14 anni Gaia ci vedeva ancora, anche se pochissimo: la malformazione del bulbo oculare con cui è nata lasciava passare qualche spiraglio di luce dall’occhio destro. Lei su questo spiraglio aveva costruito la sua vita quasi normale: leggeva e scriveva da sola con l’aiuto di occhiali speciali, andava in giro da sola, faceva le stesse cose dei suoi coetanei. Poi, durante il primo anno di liceo, la retina si è distaccata. Le operazioni in Francia e in Svizzera non sono servite a nulla: a partire dall’inizio della seconda superiore il mondo di Gaia era diventato completamente buio. «Un trauma per lei, esattamente come se una persona normovedente perdesse all’improvviso la vista», spiega papà Stefano. Ma Gaia, insieme alla famiglia che le ha fatto quadrato intorno, non si è persa d’animo: ha cominciato a usare il computer dotato di sintesi vocale sia a scuola (fornito dal liceo) che a casa (comprato dai genitori). Per tre ore ogni pomeriggio ha ripassato i programmi scolastici con l’aiuto di due tutor privati e di un’assistente alla comunicazione messa a disposizione dalla Provincia, e ha anche iniziato a studiare il Braille. In classe era seguita dalle insegnanti di sostegno e poi c’era il sintetizzatore, quella voce metallica che le leggeva le domande dei compiti e degli esercizi, a cui lei rispondeva scrivendo a menadito sulla tastiera.
Le difficoltà.
«Purtroppo non è sempre stata aiutata in classe — ricorda papà Stefano —. Solo per lo sforzo avrebbe meritato 100 e lode. Se penso alle battaglie con l’istituto per ottenere le 18 ore settimanali di sostegno. O alle discussioni con le insegnanti che non seguivano il suo piano di studi personalizzato, che non facevano lo sforzo di prepararle le verifiche e le lezioni in formato digitale, in modo che lei potesse inserirle direttamente nel computer e ascoltarle attraverso il sintetizzatore. Come sempre in questo Paese tutto dipende dalle persone che si incontrano: il Virgilio è una scuola abituata ad accogliere i ragazzi come Gaia, ci era stato consigliato dall’Istituto dei ciechi di Milano, ma la differenza la fanno i singoli insegnanti. In questi cinque anni ne abbiamo trovati di disponibili ma anche di ostici e poco collaborativi. Sono convinto che se non ci fossero state le ore pomeridiane di studio pagate da noi mia figlia non si sarebbe diplomata nei cinque anni canoni ci. Purtroppo esistono i disabili di serie A e di serie B: il mondo di oggi va troppo veloce per i ragazzi come Gaia, che fa male dirlo ma si salvano solo se hanno alle spalle una famiglia che si può permettere di aiutarli».
I sogni per il futuro.
Anche Gaia lascia la scuola con un po’ di amarezza: «La mia non era una classe brillantissima in termini di inclusione. Non ho subito alcun episodio di bullismo, per carità, ma diciamo che lì non mi sono fatta più di due o tre amici. Il mio mondo è nello sport e nell’associazione Ageranvi (Genitori ragazzi non vedenti), con cui parto tra qualche giorno per una vacanza studio a Malta. Però tre insegnanti, quelle sì, me le porterò nel cuore: sono arrivate nell’ultimo anno e hanno saputo capire la fatica che ho fatto negli ultimi cinque». La preside del Virgilio Giuseppina Francavilla assicura che tutti i docenti si sono dedicati a Gaia: «Un’alunna bravissima, a cui ci siamo affezionati molto». Ma adesso non è più tempo di guardare indietro. Gaia sogna un futuro da interprete parlamentare in Europa: «Mi piacciono le lingue e la politica. Studierò inglese, francese e relazioni internazionali. E poi devo imparare a muovermi da sola, con il bastone. Accanto alle lezi oni all’università, insomma, devo fare quelle di autonomia».
Alessandra Dal Monte
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