|
BASEBALL PER CIECHI Il 49enne di CORNEGLIANO LAUDENSE Tedoldi lascia i Thunders dopo 14 anni e venti trofei
|
da Il Cittadino Di Lodi
di Angelo Introppi - (25 gennaio 2018)
«Pensavo fosse impossibile per un non vedente giocare a baseball, poi nel 2004 andai a provare e fu subito un colpo di fulmine»
Ebbene sì, è arrivato il momento. Cristiano Tedoldi, indiscussa stella a livello nazionale del baseball per ciechi, dal 2004 colonna dei Thunders di Milano, ha deciso di appendere il guanto al chiodo. Nell'ambiente lo chiamano "il colosso di Lodi", ma lui ci tiene a precisare che è di Cornegliano Laudense e che a Lodi viene tutti i giorni per lavorare nella sede dell'Inps. Un ragazzone del 1968 dal cuore grande e generoso che in 14 anni di onorata carriera con la maglia dei Thunders, tra campionati e coppe nazionali, ha conquistato la bellezza di venti titoli. Per lui quest'anno non ci sarà più il rito della primavera, quando i non vedenti iniziano a giocare a baseball nel silenzio carico di tensione dove a malapena si sentono le parole abbozzate da arbitri, giocatori e allenatori, quasi rapite dal fruscio del vento e dal sonoro delle palline speciali.
Tedoldi era la sintesi del giocatore ideale: potenza nelle braccia, grande dimestichezza con la mazza, velocità di gambe, precisione nel lancio. In difesa si è sempre posizionato nel ruolo di esterno centro. «Mi sono avvicinato a questa disciplina quasi per caso - racconta Cristiano -, spinto a forza da amici che frequentavo durante la settimana bianca invernale. Quando mi dicevano di andare a provare a giocare mi facevo quattro risate, perché trovavo impossibile che un non vedente potesse cimentarsi in uno sport come il baseball. Poi nel 2004 con molto scetticismo andai a provare nel corso di una dimostrazione che si tenne a Legnano: fu un colpo di fulmine e dal giovedì successivo iniziai subito ad allenarmi al "Saini" di Milano con i Thunders.
E come è stato l'esordio ufficiale? «Settembre 2004 in Coppa Italia. Ricordo perfettamente quella finale vinta per 1-0 sul Ravenna perché siglai il punto della vittoria».
E il successo più bello? «Difficile stabilire quale sia stato, perché quando vinci è sempre bello. Il primo non si scorda mai, poi c'è quel 2011 in cui vincemmo tutto quello che c'era da vincere. Eravamo una squadra imbattibile».
C'era un segreto per essere invincibili? «Eravamo giovani, ci allenavamo bene e sempre, avevamo fame di vittorie, eravamo un gruppo unito e ben integrato, coordinato alla perfezione da uno staff tecnico incredibile».
C'è chi dice che ci sarà un ripensamento sulla decisione del ritiro, perché per te sarà difficile resistere al richiamo delle sirene del baseball... «No, non torno indietro su ciò che ho deciso - taglia corto Tedoldi -. Ringrazio infinitamente il mio club, i miei compagni, i tecnici che mi
hanno allenato e l'Associazione italiana baseball per ciechi che dà la possibilità di giocare anche a chi non ci vede. Non nego che sia stata una decisione sofferta, ma nello stesso tempo consapevole e ponderata. A 49 anni è giunto il momento e guardo avanti: mi accontenterò della mountain bike sui rulli di casa, in modo tale da non dover dipendere da nessuno.
Angelo Introppi
|