|
Adriano Chiesa: il manager, i Tuoni e la LIBCI
|
da Baseball.it
di Matteo Briglia (Bedeo) - (5 agosto 2019)
Prosegue la lunga chiacchierata con l’allenatore vincente dei Thunder’s Five Milano che parla del suo metodo di lavoro, della squadra presa in mano e portata al successo quest’anno e, infine, di come rilanciare il movimento del baseball ciechi
Adriano Chiesa, lo skipper che ha guidato i Tuoni Milano alla conquista del quarto scudetto consecutivo nel campionato di baseball per ciechi 2019, prosegue la sua lunga intervista con Baseball.it parlando del suo approccio manageriale, del presente e del futuro dei Thunder’s Five ed una visione prospettica della neonata LIBCI.
Molti identificano i tuoi successi in un lavoro meticoloso di programmazione: uno studio tecnico-tattico e umano degli avversari che non lascia nulla al caso e assegna compiti ben precisi allo staff, affidando ai ragazzi il compito di dare il massimo in diamante. Come nasce quest’approccio?
Deriva dalla mia esperienza professionale, dove ho imparato che se hai la responsabilità su di un gruppo che deve raggiungere un obiettivo, devi accertarti che tutti siano coinvolti e convinti che la strada indicata è la migliore, prodromo indispensabile ad una collaborazione globale e totale. Devi trasformare un gruppo in una squadra. Parliamo di metodo di organizzazione lavorativa, fondata anni fa dal signor Toyota – sì quello delle auto – e che il mitico Julio Velasco, allenatore della nazionale Italiana di pallavolo eletta come squadra del secolo, ha applicato allo sport. Vi invito a documentarvi in questo senso cercando in rete “Julio Velasco gruppo squadra” piuttosto che “Julio Velasco cultura alibi”, vengono illustrati concetti davvero interessanti. Io cerco di applicare quel metodo, che poi ci riesca, sia utile e abbia portato dei risultati, chi lo può dire…
Torniamo all’attualità: Tuoni undicesimi nel 2018, fanalino di coda, campioni quest’anno. Non crediamo che la tua unica fonte motivazionale sia stata la “Parabola dei lavoratori della vigna”…
La motivazione per il quale io e Angela (sua moglie, ndr) abbiamo deciso di offrirci ai Thunder’s Five nasce dall’amore per il baseball per ciechi e dalla forte volontà di non abbandonare l’ambiente. Sapevamo da Lorenzo De Regny delle difficoltà in cui versavano i Tuoni, non solo di risultati ma soprattutto a livello di organizzazione, e quando abbiamo capito che con i Patrini non ci sarebbe stata una soluzione ai problemi, ci siamo offerti per dare una mano a Milano e capitan Dragotto ha subito accettato. Prevedere di fare meglio dell’anno scorso era abbastanza facile, visto il disastro, quando poi si sono aggregati alla transumanza anche Colombo, Rosafio, Bernunzio e Casale, beh abbiamo alzato al volo l’asticella!
Altra peculiarità delle tue squadre è la grande coesione, unita a un enorme spirito di sacrificio comune a ciascun elemento del tuo roster, dai più esperti ai rookie, fino agli spalettatori. Come si raggiunge un affiatamento di questo tipo?
Cerco di responsabilizzare e coinvolgere tutti. Mi sforzo di ricordarmi di tutti e non fare preferenze. Questo instaura un clima di rispetto reciproco. Poi col mio carattere eccentrico, egocentrico e accentratore, unito alla voglia di divertirmi che condivido con Angela, che ho la fortuna di avere sempre al mio fianco e mi consiglia, e col nostro atteggiarci un poco a Sandra e Raimondo che esasperiamo a regola d’arte, forse si crea quel piacevole ambiente in cui è fantastico stare insieme, un contesto che sicuramente ci ha aiutato a diventare squadra. Poi lo spirito di sacrificio viene da sé, se si crea l’habitat squadra, lo si diventa per merito di tutti e tutto si trasforma in un circolo virtuoso.
Quale futuro per i Thunder’s Five? Siamo alle soglie di una seconda dinastia targata Chiesa?
Spero di rimanere a lungo e vincere ancora, ma non parliamo di dinastie o di me. Il futuro dei Tuoni prescinde dai singoli, dobbiamo essere bravi a mantenere lo spirito di appartenenza e far si che sia questo a garantirne un futuro roseo, creare una “Thunder’s Nation” intorno alla squadra che si mantenga da sola. Mi auguro chiaramente di poter dare di più, lavorare sui nostri difetti e far crescere tutti. Il mio obiettivo ambizioso è costruire un grande gruppo e, perché no, creare anche una seconda compagine, una sorta di Cantera così da poter far giocare di più tutti.
Chiudiamo sulla LIBCI. Campionato 2019 in archivio, lontano dal concetto di “spettacolare”, disparità eccessiva tra le formazioni iscritte che hanno spesso faticato a trovare gli effettivi da mandare in campo, diffusione e promozione in stallo, una sfilza di finali scudetto a senso unico e appeal ridotto. Su cosa bisognerebbe puntare per rilanciare il baseball ciechi e stuzzicare nuovamente l’appetito di addetti ai lavori, tifosi e curiosi?
Punto uno. Rassegnarsi che non potrete mai giocare, e dico mai per ovvi limiti fisici, a baseball. Bisogna avere il coraggio di guardarci in faccia, ammetterlo, osare e guardare avanti. Abbiamo la fortuna immensa di essere proprietari del nostro gioco e non ne approfittiamo. Restiamo aggrappati alle ideologie e ai sistemi del baseball tradizionale e non ragioniamo fuori dagli schemi, limitandoci a cambiare scimmiottando il baseball.
Due. Impegno in prima persona dei giocatori più rappresentativi e capaci (vi conoscete tutti nell’ambiente BXC), fatevi avanti, dialogate e ragionate sul futuro. Oggi state volutamente ai margini o fuori dai giochi e sommessamente ve ne lamentate, prendete in mano il vostro futuro. Con tutto il rispetto per gli altri, faccio un esempio per tutti: ma possibile che una persona come Sarwar, per carisma, impegno e risultati sia agonistici che organizzativi, non rappresenti un riferimento assoluto? Io lo eleggerei Presidente LIBCI tout court…
Tre. Quanto alla promozione, cerchiamo di guardare e attingere oltre il mondo del baseball. Spulciando i numeri e le pubblicazioni del CONI relative a numeri di iscritti, la FIBS è la 36esima su 45 federazioni riconosciute. Non sarebbe forse il caso di rivolgersi al mondo generico dello sport? Per creare una squadra di baseball servono sportivi, non solo ed esclusivamente giocatori di baseball, i Patrini non hanno insegnato nulla? Se si resta ancorati all’ambiente baseball, mi pare ormai assodato, non ci sono numeri. Ma se ci rivolgiamo al mondo dello sport, le possibilità di contatto diventano esponenziali. Andare a proporre demo durante gli intervalli delle partite di calcio dilettanti? Ci sono centinaia di spettatori ovunque e sono sportivi. Bazzicare i grossi centri dove si raccolgono sportivi di diverse discipline? Mi viene in mente Gavirate dove c’è il centro dello sport ministeriale australiano e dove girano centinaia di praticanti di discipline più svariate provenienti da ogni angolo del mondo, compresi i paralimpici.
Matteo Briglia (Bedeo)
|