|
BASEBALL A BAGGIO, BASTA AVERE UDITO E TATTO PER VINCERE
|
da Magzine
di Giacomo Cozzaglio - (11 novembre 2020)
Parte l’azione. La battuta è buona e vedo il giocatore correre verso la prima base che nel frattempo ha iniziato a suonare. Rimango stupito: c’è sicurezza nei suoi passi. È veloce e sicuro di sé mentre copre i metri di terra rossa. Ed eccolo girare attorno alla prima base. Accelera verso la seconda. Percepisco la tensione che sta provando: deve arrivare alla meta prima che la palla giunga al difensore della base. Il battito delle mani dell’assistente è sempre più intenso, ma il giocatore sa bene che potrebbe venire eliminato da un momento all’altro. Allora tenta il tutto per tutto: appena è quasi arrivato, scivola di proposito e tocca la base con un piede. È salvo e la sua squadra ha conquistato la seconda base. C’è appena il tempo per riprendere il fiato e l’azione ricomincia: ci sono ancora la terza e la casa base. Solo due tappe ancora per segnare il punto.
Siamo al campo Kennedy, centro sportivo del quartiere Baggio, periferia Ovest del capoluogo lombardo. Sebbene non ci sia gente sugli spalti, le squadre stanno dando il massimo. Ma non si tratta di calcio, bensì di baseball. I giocatori in campo e quelli in panchina ascoltano i consigli dell’allenatore sulle strategie di attacco e difesa. I due team che si fronteggiano sono i Lampi Milano e i Thunder’s Five Milano. A rendere interessante la giornata è il fatto che si tratta di una partita di baseball per non vedenti.
Il campo di gioco è esattamente lo stesso del baseball classico, ma alla prima base viene posto un sensore acustico il cui suono permette al battitore di capire la direzione. Alla seconda e alla terza base ci sono invece due assistenti (vedenti) che battono le mani a velocità crescente per aiutare il giocatore sia ad orientarsi sia a capire quanto si sta avvicinando alla base. Il ruolo di questi assistenti è solo ausiliario, senza un coinvolgimento diretto nell’azione.Bisogna precisare che non partecipano solo atleti ciechi, ma anche persone ipovedenti (condizione per la quale alcuni gesti divengono difficili nonostante la mancanza di uno stato di cecità totale): per evitare favoritismi, tutti i giocatori vengono bendati. In questa regola c’è qualcosa di più del semplice uniformarsi, una volontà di sottolineare quanto lo sport possa abbattere tutte le barriere fisiche e psicologiche. Un’altra particolarità di questo gioco è la pallina. Più leggera di quelle tradizionali perché cava: al suo interno vi è un sonaglio metallico (solitamente di ottone) il cui rumore permette ai giocatori di capire da dove provenga.
Ogni squadra schiera cinque giocatori. Non c’è il lanciatore per la squadra in difesa, ma è lo stesso battitore in attacco ad effettuare il lancio. Egli ha tre tentativi a disposizione perché il tiro venga segnalato come “buono” e per esserlo la palla deve oltrepassare un cordino posto tra la seconda e la terza base. Oltre questo limite si posizionano i difensori, pronti ad intercettare la palla e passarla al difensore posto sulla seconda base per eliminare il battitore. Esattamente come nel baseball tradizionale,ogni errore di battuta è uno strike (al terzo si è eliminati), mentre si dichiara foul se il colpo non raggiunge la “zona buona” oltre il cordino.
Ma ecco che l’inning è finito e le squadre si invertono i ruoli. Questa volta ho lo sguardo fisso sulla difesa: i cinque giocatori si schierano nella zona dietro la seconda e la terza base. Sono concentrati, tesi. Sanno che dovranno essere veloci nel caso la battuta sia pronta. Il battitore dell’altra squadra tenta il tiro: fallisce. Cresce la tensione. Secondo tiro: è buono. Il battitore si mette a correre. Si sente il tintinnio della palla che si avvicina. Bisogna trovarla subito. Capire dove cadrà: una volta che avrà toccato il terreno sarà difficile capire dov’è. Ecco: non la si sente più. L’avversario sta superando la prima base e si dirige verso la seconda. All’improvviso la palla viene trovata, ma bisogna passarla al compagno sulla seconda base per eliminare il battitore. Si tenta un lancio. L’avversario percepisce il pericolo e tenta di scivolare. Si salverà? Poi silenzio. C’è attesa: cosa deciderà l’arbitro? Un paio di minuti ed ecco il verdetto: la difesa ha bloccato la base pochi secondi prima. Il battitore è eliminato.
Questo sport, adattato per non vedenti e ipo-vedenti, contribuisce a consolidare l’autonomia dei giocatori e la fiducia negli altri sensi: l’udito e il tatto innanzitutto per capire la posizione della palla e delle basi
Forse qualcosa può sfuggire nel corso della partita anche per chi conosce il regolamento del baseball tradizionale. Una sensazione che svanisce dopo aver assistito ad un paio di inning. Eppure in quel silenzio quasi irreale per gli spalti vuoti si percepisce la tensione e la concentrazione dei giocatori, qualunque sia il loro ruolo. Un’impressione confermata da un membro della squadra dei Lampi Milano, Matteo Comi:«Quando gioco provo la libertà di correre senza il vincolo di un cordino, affidandomi solo al mio udito. Ma anche adrenalina che aiuta ad imparare a concentrarsi in tutte le fasi». Uno sport che contribuisce a consolidare l’autonomia dei giocatori e la fiducia negli altri sensi: l’udito e il tatto innanzitutto per capire la posizione della palla e delle basi.
Ma anche la collaborazione reciproca e la grinta hanno un ruolo determinante. «La squadra è tutta concatenata e l’azione si costruisce con l’aiuto del compagno di squadra» – sottolinea Matteo – «Quando ti approcci in modo agonistico a questo sport occorre essere aggressivi, ma in questo caso l’aggressività non rimane isolata e si unisce alla concentrazione. Così posso giocare e fare squadra contemporaneamente».
Quando termina la partita, poco importano il risultato o la mancanza del pubblico.Quello che conta è l’unione di spiriti che in nome dello sport supera ogni ostacolo e accende le passioni con una forza tale da sovrastare anche la pandemia tuttora in corso. Vedo le due squadre tornare alle proprie panchine: ci si dà una pacca sulle spalle, ci si fanno complimenti. Si plaude alle belle azioni di alcuni; altri vengono incoraggiati a non demordere perché stanno migliorando. Si mettono via gli strumenti di gioco. Un cane per non vedenti è felice nel rivedere il padrone: stanco, ma soddisfatto. Istintivamente vorrei accarezzarlo, ma vengo fermato: mi spiegano che il mio gesto semplice non va mai fatto perché il cane deve abituarsi esclusivamente all’odore del suo padrone.
Lasciando il campo, vedo le due squadre riunirsi e farsi fotografare insieme. All’inizio non attribuivo molta importanza ad una normale foto di gruppo. Poi ho capito: non importa il non potersi guardare negli occhi perché quando un legame è forte l’immagine che si crea nella mente è chiara e nitida quanto uno scatto. Subito mi sono ricordato di un aneddoto che mi raccontò un ex giocatore dei Lampi Milano scomparso due anni fa, Claudio Levantini. Mi disse che dopo il matrimonio andò con sua moglie (anch’ella non vedente) in viaggio di nozze a New York. Il motivo? Perché non l’aveva mai vista.
Giacomo Cozzaglio
|